SCHEDA EMYS
ORBICULARIS
DESCRIZIONE
TASSONOMIA E SOTTOSPECIE
La classificazione tassonomica di questa
specie è abbastanza
complessa ed in continua evoluzione. Solitamente il dimorfismo
che si riscontra tra individui provenienti dalle medesime aree
non evidenzia caratteristiche in grado di differenziare in modo
chiaro una sottospecie dall’altra. Sottolineando una variabilità nelle
dimensioni e nella colorazione possiamo dire che in generale gli
individui più piccoli e scuri si trovano nelle aree nord
occidentali di distribuzione, mentre troviamo individui di dimensioni
maggiori e con una colorazione di fondo più chiara con macchie
più diffuse nelle regioni sud orientali. Le 13 sottospecie sono caratterizzate principalmente dalla diversa area di provenienza.
Nonostante studi morfologici in atto tentano di dimostrare una
tipicità regionale delle Emys italiane, possiamo dire che
sono tre le sottospecie diffuse sul nostro territorio: E.o. galloitalica (regioni settentrionali e tirreniche), E.o. ellenica (regioni meridionali
e Sicilia), E.o. campolongoi (Sardegna).
DESCRIZIONE CARATTERISTICHE
MORFOLOGICHE
A seconda dell’area di provenienza
la taglia varia dai 13 ai 18 cm nei maschi, mentre va dai 20
ai 35 nelle femmine.
La colorazione di fondo del carapace e della
cute va dal nero al bruno-grigiastro: la cute è cosparsa
di picchiettature e striature gialle le cui variazioni in numero e misura dipendono dall’età e ancora una
volta dalla diversa area di provenienza: gli esemplari
più anziani presentano una livrea in genere più scura
e uniforme, mentre i giovani e i subadulti presentano colorazioni
più vivaci e variegate. Nei nuovi nati la coda è più lunga
del carapace molto rotondo che presenta una colorazione brunastra
diffusa ed è munito talvolta di una leggera carenatura centrale
più scura; il piastrone giallo ai margini, presenta una estesa
macchia grigio-verdastra al centro. Con il tempo il piastrone assumerà colorazione
gialla uniforme e compariranno le picchiettature gialle su cute
e carapace. Alcuni esemplari anziani sono invece quasi completamente neri o comunque molto scuri.
Il piastrone è collegato al carapace da una membrana cartilaginea,
mentre una cerniera poco sviluppata tra le pettorali e le femorali
ne consente una leggera mobilità sia nella parte anteriore
sia posteriormente. La colorazione del piastrone generalmente giallastra presenta macchie
e striature bruno-nerastre diffuse soprattutto ai margini della
placche, ma con scarso contrasto.
Le zampe sono palmate: le dita sono unite da una robusta membrana
natatoria e munite di robuste unghie acuminate. La coda è abbastanza
sottile e molto lunga soprattutto nei giovani.
HABITAT NATURALE
Predilige acque ferme o debolmente correnti,
privilegiando zone ricche di vegetazione sia sommersa sia galleggiante
dove e più semplice
dissimularsi. Lo stazionamento in acque basse
e fangose inoltre produce lo sviluppo, sul carapace, di alghe
e incrostazioni che ne favoriscono il mimetismo. La troviamo in
paludi, stagni, anse tranquille dei fiumi, ruscelli, canali d’irrigazione
o fontanili, così come alla foce dei fiumi o in lagune costiere
dove ben si adatta alle acque salmastre. Generalmente il suo areale
di distribuzione non supera i 500 m. sul livello del mare, ma la
si può trovare fino a 1700 m. di quota in Marocco, mentre
in Italia raggiunge la quota di 1000 m. sul livello del mare solo
in Sicilia.
Osservazioni di privati e studi condotti in Polonia hanno evidenziato
una certa difficoltà della specie ad assimilare le quantità di
calcio necessarie alla propria sopravvivenza e alla riproduzione;
pertanto la sopravvivenza della specie in natura è spesso
legata alla disponibilità di calcio nell’ambiente
vitale (Cfr. WALCZACK M.) . Durante la primavera le femmine necessitano di calcio da
assimilare tramite gli alimenti per formare il guscio delle uova,
ma allo stesso tempo l’uovo, assumendo calcio dal terreno
circostante aumenta il proprio volume consentendo a sua volta la
crescita dell’embrione che per svilupparsi all’interno
dell’uovo, sembra necessitare del calcio che assorbe dal
guscio e dall’ambiente circostante.
COMPORTAMENTO E ABITUDINI DI
VITA
Si tratta di un animale stanziale e gregario che vive in piccole colonie di 5 – 20 individui con una
percentuale di femmine maggiore rispetto ai maschi (1/3); tuttavia è possibile
osservare vecchi maschi aggirarsi solitari.
Il ciclo vitale di tutte le sottospecie è simile nei diversi
habitat. Come per tutti gli animali detti “a sangue freddo”,
le attività vitali sono regolate dall’andamento climatico.
Individuiamo la temperatura preferenziale tra i 20 e i 24 gradi,
anche se la specie si mantiene attiva anche a temperature molto
più basse; infatti, la si può osservare fare saltuariamente
bagni di sole anche nella stagione invernale a temperature intorno
i 10°. Si tratta di una specie molto timida che passa le giornate
dissimulata tra la vegetazione acquatica e i tronchi galleggianti
alternando la termoregolazione: il basking (bagni di sole)
sia in acqua che all’aperto, alla ricerca del cibo costituito
principalmente da crostacei, larve di insetti, anfibi e girini,
molluschi, giovani rettili, piccoli pesci o mammiferi, e a volte
anche vegetali.
E’ molto legata all’ambiente acquatico, tuttavia la si può osservare anche in terreni
distanti da bacini o riserve d’acqua: questo si verifica
per i maschi subito dopo l’uscita dal letargo (marzo/aprile),
quando lo stimolo riproduttivo li spinge alla ricerca delle partner;
mentre le femmine possono essere osservate muoversi a notevole
distanza dall’acqua solo qualche mese più tardi (maggio/luglio),
quando vagano alla ricerca del luogo più adatto alla deposizione
delle uova.
Le uova vengono deposte in una buca scavata nel terreno e l’incubazione è affidata
al calore solare. Le schiuse avvengono dopo circa 80/120 giorni,
alla fine dell’estate (agosto/ottobre), anche se, nel caso
di estati particolarmente rigide e piovose può verificarsi
che i piccoli rimangano nel nido come embrioni fino alla primavera
successiva, quando escono alla luce all’aumentare delle temperature.
All’arrivo dell’autunno diminuisce l’attività giornaliera
della specie che si prepara al periodo di latenza invernale. Con
l’abbassarsi delle temperature, le facoltà vitali
si riducono progressivamente: in questo periodo le tartarughe si
calano nel fango del fondo oppure scavano una buca sulla riva dove
trascorreranno alcuni mesi di letargo o ibernazione al riparo dalle
rigide temperature invernali (novembre-febbraio).
La specie presenta un comportamento abitudinario che si manifesta
nella scelta in anni successivi, delle stesse tane e dei medesimi
luoghi di deposizione.
TRACCE
Poiché si tratta di rettili molto schivi diffusi nelle
zone umide dalle tipologie più disparate, è evidente che non è assolutamente
facile avvistarle. All'occhio attento, la presenza delle emys è tradita
dal loro naso
scuro affiorante tra la vegetazione rivierasca oppure dalla presenza dei gusci
delle uova sul terreno spesso predate da ricci e mustelidi.
RAPPORTO
CON L’UOMO
STORIA DEL RAPPORTO CON
L’UOMO
La
sua naturale diffidenza rende molto difficile
l’osservazione
di questa specie in natura che tra l'altro si dissimula
molto bene nell'ambiente circostante. Infatti è sempre pronta
a tuffarsi al minimo brusio. Tuttavia, come si può osservare
negli esemplari allevati oppure in determinate aree protette, trovandosi
a stretto contatto con l’uomo la Emys perde presto questa
istintiva diffidenza.
Nel 1979 Silvio Bruno del Centro Studi Ecologici Appenninici, nel
suo libro "RETTILI D’ITALIA" descrivendo il rapporto
con l’uomo
della Emys orbicularis parlava così:
Ancora oggi questa
sp. è uccisa da molti pescatori che
per per ignoranza la considerano “nociva” in
quanto loro concorrente: in effetti essa caccia solo pesci vecchi
e malati contribuendo così alla naturale selezione di una
parte del patrimonio ittico e quindi è di valido aiuto all’uomo.
Diverse migliaia di Emys sono ogni anno inviate dall’Africa,
dalla Penisola Iberica, dalla Francia, dall’Italia e dalla
Grecia ai mercati dell’Europa centrale: una ditta di Bologna
ne offre annualmente fino a 1000 es.; nella Laguna Veneta, già alla
fine del 1800, i pescatori ne catturavano 200000 es. ogni anno,
da aprile a settembre. La sp. è estinta in moltissime località dell’Europa
centrale causa inquinamenti, bonifiche e cacce a scopo di lucro.
In Svizzera, la sua probabile sparizione è legata in gran
parte a motivi culinari: la carne di Emys, infatti, era tra quelle
che la Chiesa permetteva di consumare nei “giorni di astinenza”. (Cfr.
Bruno S.)
Anche Vincenzo Ferri nel suo libro sulle tartarughe pubblicato
nel 1990, parlando delle persecuzioni perpetrate contro i poveri
rettili che andavano ad infilarsi nelle numerose nasse sparse nei
punti di passaggio obbligato del pesce nel fiume Po. Egli diceva che
venivano massacrate a bastonate e buttate affermando
che: “…ancora oggi in alcuni
punti del Delta del Po si ritrovano gli ammassi di carapaci
e testimoniare questa inutile barbarie”. (Cfr. Ferri
V.).
Per
qualche tempo si è creduto che una minaccia per
la specie potesse essere data dall’introduzione
da parte dell’uomo
di esemplari di tartarughe
acquatiche esotiche provenienti
dal nuovo mondo in ambienti naturali, come Trachemys scripta elegans;
questa a causa di dimensioni e voracità sono alla base di
gravi disequilibri ambientali che potrebbero interferire negativamente
sulla già precaria
esistenza di questa fragile emys, ma da recenti studi sembra che
questo sia un timore abbastanza infondato in quanto le specie provenienti
dal nuovo mondo presentano notevoli difficoltà riproduttive
dovute alle differenze di clima con le regioni d’origine
e allo stesso tempo, soprattutto in giovane età sembrano
soggette a diverse patologie e incapaci di superare indenni la
stagione invernale (Cfr. FERRI V., SOCCINI C.). Tuttavia, anche se probabilmente non ci si
deve porre il problema della competizione diretta, l’introduzione
di fauna esotica è sempre fonte di rischio in quanto portatrice
di patologie estranee ai nostri habitat; questo
rischio non è dato
solo da altre specie di tartarughe, ma da tutti i tipi di animali
introdotti volontariamente o meno negli ambienti naturali. Infatti,
peraltro le emys soffrono molto della immissione di specie ittiche
molto voraci (Persici, Pesci gatto…) che competono con loro
nella ricerca del cibo e possono addirittura arrivare a divorare
i giovani esemplari.
La specie è legata in modo imprescindibile agli ambienti
umidi che come è risaputo sono tra gli habitat più fragili.
Le bonifiche perpetrate nei secoli passati, le
canalizzazioni, le rettificazioni e le cementificazioni degli argini,
l’abbandono
di canali e zone umide minori con il conseguente aumento della
vegetazione e deperimento dell’ambiente umido sono alla base
dell’abbandono di alcune zone da parte della nostra tartaruga
palustre. Inoltre, spesso l’inquinamento da
sostanze chimiche usate in agricoltura e i fertilizzanti producono
l’eutrofizzazione
delle acque combinandosi negativamente con i fattori di disturbo
già indicati.
La emys non sopravvive a lungo in luoghi eccessivamente antropizzati
anche a causa del fatto che non vive solamente in acqua come le
specie provenienti dal nuovo mondo che si avventurano sulla terraferma
solo per deporre le uova; le emys sono abbastanza girovage e si
spostano in cerca del partner, in cerca del luogo dove deporre
le uova che non necessariamente è prossimo alla riva e a
volte anche per cacciare, ma questo le rende spesso vittima
delle automobili sulle strade.
RISCHI IN NATURA
Mentre le popolazioni del nord Africa
e della Turchia sono ancora numerose, in Europa le zone di distribuzione
sono in continua diminuzione. Se possiamo considerare che gli
adulti non corrano molti rischi dai predatori naturali eccetto
l’uomo, le uova e i piccoli
sono molto vulnerabili e vengono spesso predati da volpi, ratti,
felini, porcospini, cinghiali, cani, mustelidi, cornacchie, rapaci
e serpenti.
Infatti, si tratta di una specie molto sensibile alle variazioni
ambientali che già soffrendo di forti predazioni naturali
sparisce presto da zone perturbate dall’attività umana:
inquinamento, bonifiche, canalizzazioni, pratiche agricole moderne,
prelevamenti in natura e pesca.
PROTEZIONE - STATUS GIURIDICO
Non ancora inserita nel libro rosso dell’IUNC, dove è segnalata
come a basso rischio la sopravvivenza della specie in italia risulta molto difficoltosa.
Nell'ambito della legislazione oggi esistente, la principale fonte di protezione le viene dalla Convenzione di
Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi
in Europa: essa vieta la cattura, la detenzione degli esemplari
selvatici nonché la distruzione degli habitat naturali vitali
e riproduttivi. Tale normativa è puramente indicativa, e
la legge del 1979, 503/81 con la quale l’Italia la recepisce
delega le regioni per la produzione delle norme attuative.
Oggi la specie è oggetto di molte attività di tutela
nate nell’ambito di aree protette o per iniziativa di associazioni private che ne curano la salvaguardia in natura e la riproduzione
in cattività finalizzata alla reintroduzione quale strumento
di sostegno alle popolazioni selvatiche a rischio estinzione.
La specie non è inserita in alcun allegato della Convenzione
di Washington che regola il commercio internazionale degli animali
in via di estinzione, pertanto ne sono autorizzate la vendita e
la detenzione limitatamente ad esemplari di cui sia dimostrabile
l’origine legale di acquisizione o la nascita in cattività.
Inoltre, chi possedesse un ampio bacino all’aperto, si potrebbe
mettere in contatto con il Corpo Forestale dello Stato o le Associazioni
protezionistiche al fine di dare il proprio contributo ad attività di
allevamento controllato finalizzato a supportare popolazioni selvatiche
in difficoltà.
In generale possiamo affermare che a causa del declino costante
delle popolazioni selvatiche europee dovuto a diverse cause, è necessario
che gli esemplari e gli habitat naturali vengano costantemente
monitorati e salvaguardati.
ALLEVAMENTO
IN CATTIVITA’
Nei casi consentiti dalla legge, si può detenere ed allevare
questa specie e tentarne la riproduzione. Nonostante la specie
sopporti bene la cattività in alcuni casi risulta molto
più fragile e delicata rispetto alle specie provenienti
dal nuovo mondo.
SISTEMAZIONE
L’allevamento di tale specie, seppur possibile in acquario,
va necessariamente effettuato all’aperto; infatti, un bisogno
necessario per la sua sopravvivenza in salute è l’esposizione
ai raggi solari fondamentale anche per la fissazione del calcio. L’ambiente ideale dove allevare queste tartarughe è facilmente
definibile andando a delineare le caratteristiche ambientali che
più si avvicinano al suo habitat naturale che conseguentemente
ne consentirebbero le attività vitali tutto l’anno
e la riproduzione in modo naturale senza dover ricorrere all’incubazione
artificiale delle uova.
Quindi, per una piccola colonia adulta costituita da 2 maschi
e 5 femmine si richiede un ampio bacino posto in posizione soleggiata con esposizione S – SO. Il diametro deve essere di almeno
5 m. e la profondità variabile fino almeno ad 1 m. Sul fondo
si deve predisporre uno strato fangoso di almeno 25 cm. che funga
da protezione durante l’inverno e consenta l’attecchimento
di vegetazione acquatica sommersa (Elodea canadensis,
ninfee) e galleggiante (Pistia stratiotes, giacinto d’acqua, lenticchia d’acqua…).
Le rive, marginalmente protette a nord da una ricca vegetazione
(tifa, iris) in grado di garantire aree ombreggiate,
richiedono nel versante più soleggiato delle ampie zone
di sabbia aperte e prive di vegetazione ideali per la deposizione
e l’incubazione delle uova. Inoltre, fondamentale è la
presenza nel bacino di piccoli pesci tipo Gambusia (Gambusia
affinis) e chiocciole acquatiche: questi possono tranquillamente vivere e riprodursi insieme
alle tartarughe fornendo alle stesse una costante fonte di nutriente
alimento naturale.
Da non dimenticare che tutte le tartarughe sono delle ottime
arrampicatrici e scavatrici, pertanto, al fine di evitare pericolose
fughe è necessario
predisporre una recinzione interrata almeno 20 cm e alta non meno
di 50 cm con il margine superiore rovesciato verso l’interno
almeno 10 cm.
Se si volesse tentare l’allevamento di un numero ridotto
di esemplari come ad esempio una coppia, si potrebbe valutare di
approntare una vasca più piccola che comunque non può avere
una profondità inferiore a 60 cm. e possibilmente deve
poter consentire la maggior parte dei requisiti precedentemente
indicati.
ALIMENTAZIONE
Le Emys si cibano solo
in immersione e se possiamo dire che si tratta di una
specie onnivora perché,
soprattutto in età adulta, non disdegna alimenti vegetali,
sicuramente si tratta di una specie principalmente carnivora. In
cattività, al fine di evitare disturbi dovuti alla cattiva
alimentazione, si possono somministrare cibi confezionati essiccati
o pellettati, ma vanno sempre integrati con alimenti freschi tipo
pezzetti di pesce o carne, insetti e lumache.
Nel laghetto di allevamento è consigliabile allevare anche
piccoli pesci tipo gambusia e chioccioline d’acqua che forniranno
un’ottima integrazione ai cibi pronti.
Assolutamente vietata è la somministrazione di latticini
o mangimi per cani e gatti che potrebbero contenerne, infatti,
questi potrebbero risultare velenosi. Alcuni studi hanno dimostrato
come le tartarughe non possiedono gli enzimi necessari a metabolizzare
le proteine del latte e quindi provovherebbero delle fermentazioni
intestinali che si potrebbero rivelare fatali.
Diverse fonti segnalano una tendenza a cibarsi anche di frutta da parte soprattutto di grosse femmine probabilmente di origine
orientale (Turchia); atteggiamento notato sia in cattività che in
natura.
Le Emys si alimentano solo in acqua perché è solo
in acqua che possono ingoiare gli alimenti; infatti, anche se occasionalmente
raccoglie il cibo sul terreno si porta sempre in acqua per mangiare.
Alcuni autori segnalano azioni di cannibalismo perpetrate da esemplari
adulti nei confronti di giovani indeboliti o morti e inoltre viene
segnalata l’abitudine di mordere la coda dei consimili e
pertanto la maggior parte delle Emys hanno la coda tronca.
LETARGO: IBERNAZIONE/ESTIVAZIONE/BRUMAZIONE
All’approssimarsi della stagione invernale nell’areale
di distribuzione settentrionale o nel caso di temperature eccessivamente
elevate, nelle zone meridionali, le tartarughe sprofondano nel
fango del fondo o scavano delle tane sotterranee tra le radici
della riva e riducono le proprie attività vitali in attesa
di climi migliori. Si tratta di atteggiamenti letargici che prendono
il nome di ibernazione o estivazione. Nel caso di letargo in acqua,
quando la superficie del bacino gela a causa delle basse temperature,
la tartaruga assume l’ossigeno direttamente dall’acqua
attraverso una respirazione cutanea e cloacale.
In cattività si potrebbe evitare l’ibernazione mantenendo
gli esemplari in casa a temperatura costante, ma si tratta di un
metodo innaturale che va applicato solo nel caso in cui ci si trovasse
in presenza di esemplari malati o con i nuovi nati per assicurarne
la sopravvivenza. Il letargo va comunque affrontato nel caso in
cui si voglia tentare la riproduzione. Esso può avvenire
all’aperto solo nel caso di regioni a clima relativamente
miti; in ogni caso la profondità del laghetto non può essere
inferiore ai 60 cm in modo che la temperatura del fondo non scenda
mai al di sotto dei 4° anche quando la superficie
dell’acqua dovesse ghiacciare.
Nel caso in cui gli animali, lasciati all’aperto, scegliessero
di svernare fuori dall’acqua è molto importante sottolineare
che il rifugio deve essere al riparo dai topi che divorerebbero
l’animale inerme durante il riposo.
MALATTIE
Cattive condizioni di allevamento portano
al rapido deperimento degli animali per avitaminosi,
malattie oculari, rachitismo, malattie respiratorie, ferite e
setticemie. Il modo migliore per garantire una buona salute è quello di assicurare agli esemplari detenuti
in cattività una costante esposizione ai raggi solari, una
elevata igiene degli ambienti ottenuta tra l’altro tramite
l’utilizzo di spazi adeguati e per concludere non deve mancare
un’alimentazione ricca e varia.
LONGEVITA’
Se in natura è presumibile che la vita media di questa
specie sia circa 30/40 anni, spesso si sente parlare di casi in
cui esemplari detenuti in cattività abbiano tranquillamente
superato il secolo di vita arrivando almeno a
120 anni, il massimo registrato in un giardino botanico nel Sud
della Francia.
CONFRONTO
E RAPPORTI CON ALTRE SPECIE
La specie è facilmente distinguibile in qualsiasi fase
di sviluppo dalle cugine americane facilmente reperibili sul mercato e oggi ampiamente
diffuse in vari bacini naturali e artificiali del nostro paese. Le Emys orbicularis
presentano una macchiettatura formata da puntini o piccole striature,
mentre tutte le specie del nuovo continente presentano una livrea ricca di lunghe
e definite strisce chiare.
Si sconsiglia vivamente qualsiasi convivenza con altre specie soprattutto
quelle provenienti dal nuovo mondo. Infatti, le emys risultano inoltre essere sicuramente meno
voraci ed aggressive rispetto ad esse, e date le dimensioni
ridotte non sempre riesce a farsi valere nella conquista di un posto
al sole e nella conquista del cibo. Questo rapporto impari, nel tempo, rischia
di rivelarsi molto nocivo alla nostra specie causandole problemi di malnutrizione
ed altre carenze.
Da sottolineare che non si dovrebbero mai stabulare insieme esemplari
provenienti da continenti diversi poiché alcune specie sono portatrici sane di agenti patogeni che potrebbero rivelarsi
fatali in soggetti provenienti da diverse aree geografiche.
Inoltre, si dovrebbe evitare di far convivere più maschi adulti
negli stessi ambienti, poiché, soprattutto durante il periodo
riproduttivo, assumendo un atteggiamento aggressivo, essi finirebbero per causarsi
ferite anche gravi che potrebbero rivelarsi molto pericolose.
Talvolta, in allevamenti misti comprendenti varie specie si è osservato
che i maschi di Emys orbicularis si aggrappano al dorso delle grandi tartarughe
americane lasciandosi trasportare in acqua; tuttavia questi esemplari non
sembrano rivelare un vero interesse sessuale se non nei confronti di alcune femmine
di Graptemys con le quali dopo il classico rituale si possono
osservare anche accoppiamenti veri e propri che però non dovrebbero produrre
uova fertili.
SESSO E RIPRODUZIONE
L’inizio della stagione riproduttiva coincide con la fine
del periodo di latenza invernale e nei mesi di aprile-maggio raggiunge
l’apice, anche se si possono osservare approcci in tutto
il periodo di attività. Durante questo periodo i maschi diventano spesso molto aggressivi sia nei confronti dello stesso
sesso che nei confronti delle femmine, e a volte tale atteggiamento
causa ad alcuni esemplari delle ferite che possono anche portarli
alla morte.
DIMORFISMO SESSUALE
Meno evidente che nelle tartarughe del
nuovo mondo. Il dimorfismo sessuale si evidenzia non prima dei
cinque anni, ma la maturità sessuale arriva generalmente più tardi, quando il carapace raggiunge
le dimensioni adeguate di 9-12 cm, cosa che si verifica a circa
6-10 anni dai maschi e a 8-20 anni dalle femmine. Nelle popolazioni
dell’areale orientale e meridionale, in cui si riscontrano
dimensioni maggiori, sembra che anche grazie ad un’attività quasi
continuativa durante tutto l’anno, l’accrescimento è più rapido
e la maturità sessuale si raggiunga prima a 5-6 anni.
I maschi, più piccoli e scuri delle femmine, presentano
generalmente una colorazione meno vivace, il
carapace è più depresso,
il piastrone è leggermente concavo e una maggiore
larghezza a livello delle femorali posteriori sembra conferire
all’animale un aspetto leggermente triangolare. Le femmine,
di dimensioni più grandi, hanno una forma più ellissoidale,
il piastrone piatto e il carapace più tondeggiante. Altro
carattere distintivo è dato dalle dimensioni della coda che è molto lunga nei maschi, si presenta con una base
molto larga e l’apertura cloacale collocata verso l’apice; mentre nelle femmine, la coda è leggermente
più corta
e fine con l’apertura meno periferica. Inoltre, le unghie dei maschi sono corte e molto uncinate per facilitare l’accoppiamento,
mentre nelle femmine sono più lunghe e diritte soprattutto
posteriormente, per agevolare lo scavo del nido.
Altro carattere che si manifesta occasionalmente nei maschi durante
il periodo riproduttivo primaverile è il colore rosso
arancio dell’iride che solitamente si presenta bianco giallastra.
CORTEGGIAMENTO e ACCOPPIAMENTO
L’accoppiamento avviene
quasi sempre in acqua ed è preceduto
da un rituale di corteggiamento durante il quali il maschio nuota
intorno alla femmina soffiandole aria sul muso e le morde collo
e zampe. Quando la femmina si lascia scivolare un po’ verso
il fondale il maschio le si aggrappa al carapace con le unghie delle quattro zampe e, mentre
allungando il collo sopra la testa della femmina, con la bocca
le soffia sul naso aria e acqua, mentre con il
mento la spinge a restare in immersione; intanto con la sua coda
avvolge quella della partner per agevolare l’accoppiamento
vero e proprio. L’amplesso può protrarsi per oltre
un’ora durante la quale il maschio si lascia trasportare dalla
femmina cercando di spingere il capo della compagna all’interno
della corazza e di trattenerla insistentemente sott’acqua
rischiando a volte l’annegamento della stessa.
Nel caso in cui l’accoppiamento avvenga in fondali bassi può avvenire
che il maschio si erga all’esterno dell’acqua emettendo
un sibilo simile a quello delle testuggini terrestri.
L’accoppiamento si rivela efficace nel tempo; infatti la
femmina può produrre uova feconde per almeno due o tre anni.
DEPOSIZIONE
Dopo l’accoppiamento, le femmine sostano molto a lungo al
sole e a distanza di circa sei settimane sono pronte per la
deposizione. In una stagione la stessa femmina, a seconda delle
condizioni climatiche può deporre da una a tre covate.
Generalmente all’imbrunire, all’alba o nelle
notti di luna piena,
la femmina esce dall’acqua per raggiungere un terreno sabbioso
dove scavare il nido. Lo scavo viene effettuato con le zampe posteriori nel
suolo soffice e ben drenato, ben esposto e generalmente protetto
a nord da una pietra, un ciuffo d’erba o un tronco d’albero.
Il nido è profondo 5-10 cm e in esso la femmina depone 3-15
uova. Non sempre il primo scavo va a buon fine e i tentativi possono
ripetersi per più giorni. Se il suolo dovesse presentarsi
eccessivamente secco, la femmina entra ripetutamente in acqua per
riempire le proprie vesciche cloacali da svuotare nel nido al fine
di agevolare lo scavo. Le uova sono ellissoidali, bianche a guscio
calcareo leggermente rigido di dimensioni 30x20 mm circa.
INCUBAZIONE e NASCITA
La temperatura determina la durata dell’incubazione e allo
stesso tempo interviene nel definire il sesso della prole.
Se in natura le variazioni climatiche intervengono a rendere variabili
questi due elementi, nel caso si volesse tentare un’incubazione
artificiale delle uova, si dovrebbe garantire una temperatura
costante di 28-29° e un’umidità dell’aria del 70-80%
al fine di avere nascite di entrambi i sessi in circa 60-80 giorni.
Temperature più elevate determinano la nascita di tutte
femmine, mentre a temperature inferiori si avranno tutti maschi,
ma in ogni caso non vanno superate le temperature limite di 23
e 34° che determinerebbero la morte dell’embrione. Altro
fattore a cui prestare attenzione nel caso di incubazione artificiale è la
manipolazione delle uova che durante tutte le fasi, dallo scavo
all’estrazione dal terreno, fino alla successiva deposizione
nell’incubatrice non devono mai essere capovolte cosa
che provocherebbe la morte dell’embrione.
Nel caso di incubazione naturale, un terreno troppo umido o ombreggiato
causerebbe muffe e marciumi precludendo qualsiasi possibilità di
sviluppo embrionale.
Alcuni autori riferiscono che alla nascita alcuni esemplari detti “intersessi”,
presentano una sessualità intermedia tra ovario e testicolo
sviluppando successivamente la propria sessualità nell’uno
o nell’altro senso (Cfr. DI TIZIO L.).
I piccoli forano
il guscio grazie al “dente dell’uovo”, una piccola escrescenza
appuntita e biancastra posta sul naso che cade pochi giorni dopo
la nascita. I piccoli delle Emys sono tra i più piccoli
delle tartarughe acquatiche: misurano 20-30 mm e pesano 4-6 g. |
DESCRIZIONE
RAPPORTO CON L'UOMO
ALLEVAMENTO IN CATTIVITA'
SESSO E RIPRODUZIONE

Variazioni della livrea

Carapace

Cute

Carapace nero di esemplare anziano

Piastrone

Cerniera evidente in un esemplare morto

Habitat

Basking

Avvistamaento
difficoltoso

Esemplare vittima del traffico stradale

Ninfea

Pistia stratiotes

Giacinto
d’acqua

Gambusia

Tubercoli cutanei per la rspirazione subacquea
Piastrone concavo di un maschio

Dimorfismo sessuale

Iride rosso
arancio del maschio in primavera (aprile)

Iride bianco giallastra dello stesso maschio in estate (luglio)

Accoppiamento

Uova

Neonato
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